Alla fiera del gaming italiano vince il gioco a distanza. E anche i pagamenti elettronici.

Chi non si occupa di gioco professionalmente, non ha motivo di conoscere l’Enada che ogni anno si svolge a Rimini, l’esposizione di tutte le attività e i servizi legati al mondo del gaming, compreso il gioco d’azzardo. E, quindi, non sa che la manifestazione, organizzata dall’associazione di categoria Sapar e giunta alla 35a edizione, si svolge due volte all’anno: in primavera a Rimini e in autunno a Roma.
L’edizione riminese che si è svolta dal 12 al 14 di marzo di quest’anno ha visto meno espositori rispetto agli anni prima del covid ma un bel numero di visitatori. Ovvero, di persone che lavorano nel settore del gioco o che vorrebbero lavorarci.

Ma cosa si espone in una fiera del genere?
È una curiosità spontanea per chi non lavora in quest’ambito.

E c’è un’altra domanda che anche gli addetti ai lavori dovrebbero farsi: che tipo di attività sono state proposte quest’anno? Cosa cambierà nell’offerta di gioco in Italia?
Le fiere servono sempre ad anticipare le tendenze dei rispettivi settori; e in questo caso dovremmo riuscire a sapere in anticipo cosa avranno a disposizione gli italiani per soddisfare la loro voglia di giocare nei prossimi anni.

A vedere chi erano gli espositori, è chiaro che il settore in crescita è quello dell’on line. Gli operatori di gioco a distanza (secondo la definizione tecnica dei Monopoli) sembravano occupare uno spazio maggiore rispetto a chi proponeva slot machine e attrezzature per le sale. Ma c’erano soprattutto tanti servizi di pagamento, quelli che consentono di puntare i propri soldi, e anche incassare le vincite, direttamente dal proprio computer o smartphone.

Moltissime le proposte di lavorare nel gioco on line. Che a volte prevedono anche un’attività sul territorio.

Niente di sorprendente, dato che il gioco on line era già in crescita da tempo, ma poi con la pandemia tutte le attività su Internet si sono sviluppate in modo esponenziale.

Ma la vera ragione di questa crescita significativa, quest’anno sembra essere un’altra: il rinvio delle gare per il rinnovo delle concessioni di agenzie di scommesse e sale giochi. Al momento, sono ormai tutte scadute o prossime alla scadenza. Ma il Governo, quindi i Monopoli, non hanno ancora predisposto i bandi per assegnare quelle nuove in attesa di una legge di riordino del settore.

Su Internet e sullo smartphone, l’offerta più frequente è quella delle scommesse sportive. Ma il grosso del business è sempre dalle slot, anche on line.

Per un operatore di gioco, non ha senso investire dei soldi se non sa dove potrà aprire le sue sale e collocare le sue slot machine. E i soldi da investire sono davvero tanti! Così, in attesa delle nuove concessioni, vengono prorogate quelle vecchie, anche se alcune sono scadute perfino da più di cinque anni.

Ma perché aspettare una legge di riordino, che non si sa quando potrà arrivare?
Perché con le leggi attuali un concessionario non può essere sicuro di potere aprire una sala scommesse, bingo o sala giochi senza che una Regione o un Comune lo costringa a chiuderla per aver emanato delle norme locali più restrittive. È questo il problema che la nuova legge dovrà risolvere: conciliare le esigenze degli enti territoriali di potere intervenire a tutela dei propri cittadini e delle imprese di programmare l’attività di gioco legale per tutta la durata di una concessione.

Meno spazio del solito alle slot machine e al gioco fisico in genere, dato che le leggi attuali non danno certezze agli operatori.

A dire di volerlo sono tutti. Non solo gli operatori di gioco ma soprattutto i politici, di tutti gli schieramenti, che lo hanno dichiarato più volte in campagna elettorale. Ma tra il dire e il fare c’è… il consenso degli elettori. Nonostante il clima proibizionista non sia più incandescente come qualche anno fa, ancora oggi molti considerano le norme sul gioco legale un modo per legittimare delle attività nocive alla collettività. Regioni e Comuni, inoltre, non vogliono cedere il potere che sono riusciti a strappare allo Stato, che per la Costituzione rimane il solo titolato a decidere sul gioco d’azzardo, invocando le loro competenze sulla salute.

Per adesso, è stata fatta una legge delega; ovvero un provvedimento con il quale il Parlamento assegna al Governo il compito di predisporre e approvare la nuova legge indicando i limiti entro i quali muoversi. Ma il testo traccia dei confini molto sfumati. Dice che la nuova normativa dovrà prevedere “adeguate forme di concertazione tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali in ordine alla pianificazione della dislocazione territoriale dei luoghi fisici di offerta di gioco”.

Che è un po’ come chiedere di salvare capra e cavoli: rassicurare chi vede l’allarme ludopatia e consentire alle imprese del gioco di programmare tranquillamente la propria attività.

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