La presidente della Commissione Finanze alla camera, Carla Ruocco, ha sorpreso tutti accettando l’invito a partecipare alla vostra assemblea; e ancora di più quando, due giorni dopo, ha partecipato anche al convegno della Luiss sempre sul gioco d’azzardo.
Pensa che il Movimento Cinque Stelle stia rivedendo l’atteggiamento ostile che ha sempre avuto nei confronti del gioco?
In questa fase dobbiamo essere costruttivi. Il settore ha bisogno di una politica di settore. E il nostro dovere, come rappresentanti di categoria, è fare politica di settore e non commettere l’errore di fare una politica di parte, partitica.
Quindi, posizioni individuali stanno bene, per me, purché rappresentate da soggetti che condividano lo spirito e un metodo nuovo: ragionare insieme su una riforma.
Chi cambia idea non è una banderuola. È una persona intelligente che mette in discussione un’idea. E può avere sbagliato prima o sbagliare dopo. Ma questa mobilità di idee, di posizioni, è la pre-condizione per trovare un punto di caduta comune. La rigidità non porta da nessuna parte e l’abbiamo visto.
Rispetto le posizioni precedenti e successive, sia quelle confermate nell’avversità al settore (che dovrebbero essere accompagnate da qualche idea prospettica o qualche soluzione di modalità di gare che non si sa come potrebbero essere strutturate con questa rigidità…) e rispetto anche chi la cambia.
Non è un valore, non è un disvalore. Io dico che comunque sul piano del metodo, che è quello che abbiamo voluto lanciare con questa assemblea e che è quella della rappresentanza attenta all’interesse comune.
Quindi, secondo lei, Ruocco ha deciso autonomamente di mostrare disponibilità o ha concordato con i vertici del movimento questa posizione di ascolto?
Valuto le persone, e soprattutto i politici, per il loro comportamento più che da quello che dicono: e il comportamento è stato coerente. Ed è una coerenza che va in una direzione giusta. Non perché lo diciamo noi, che siamo il sistema di rappresentanza datoriale, ma lo dice anche il sindacato: ci vuole una riforma. E se non ti siedi a tavolino, come e con chi la fai questa riforma?
Alla fine questa assemblea ha detto che sul “cosa” siamo tutti d’accordo, parte politica, parte datoriale e parte sindacale: bisogna fare una riforma.
Bene! Spuntiamo questo primo punto.
Passiamo al punto successivo: come?
Siamo in democrazia, bisogna condividere. E la Ruocco ha detto: “È un tema nel quale il Parlamento deve giocare un ruolo importante”. Ha detto una cosa democraticamente apprezzabile.
Lo dice a noi che vorremmo non essere più visti come controparte, bensì come operatori, partner impegnati impegnati sullo stesso obiettivo.
Mi sembra che abbia detto una cosa di buon senso. Ma da questo attribuirle uno schieramento, un appiattimento, una volontà diversa che non so quale possa essere, quello è un’altra cosa. E mi pare che talvolta ci sia poca lucidità o strumentalizzazione.
In quest’assemblea lei ha sparigliato le carte coinvolgendo Confcommercio e Confesercenti. Perché sicuramente il vostro è un settore molto conflittuale: i gestori di slot sono contro le sale vlt, le scommesse fanno concorrenza ai gratta & vinci, i tabaccai sono in concorrenza con il gioco on line eccetera. Ed è difficile fare fronte comune per presentarsi davanti all’opinione pubblica. Lei ha sperimentato una via alternativa coinvolgendo le associazioni di commercianti.
Era fin troppo evidente il punto di partenza: le frizioni all’interno della filiera hanno una matrice comune: le relazioni commerciali. La rappresentanza non si occupa di questo e sbaglia chi pensa che un’associazione come la nostra debba fare mediazione sulle politiche commerciali.
A noi tocca fare politiche di settore: fotografare il presente e progettare il futuro. Insieme. È questo che dobbiamo fare.
A questo punto, se togliamo dal tavolo i problemi commerciali, il 95% dei problemi vengono superati.
Ma per riuscire in questo intento, lei ha tirato dentro qualcuno da fuori e ha detto: “se qui dentro voi non riuscite a stare insieme, io gli alleati me li vado a cercare anche fuori dalla porta.
La mia intenzione era mettere insieme le rappresentanze, come è stato fatto a Torino, e lanciare alle istituzioni un’intenzione di percorso: un patto per fare la riforma.
Non sono andato a “parlare a nuora perché suocera intenda”. Il mio obiettivo è la riforma. E nessuno degli attori può riuscirci da solo. Nessuno!
O ci si mette intorno al tavolo e si cominciano a scrivere le prime righe, e troviamo l’accordo su un punto, poi su un altro e così via. E i temi sono venuti fuori: bisogna risolvere l’asimmetria tra normativa nazionale e territoriale. Altrimenti non si risolve il problema pratico. Puoi litigare quanto ti pare, tra noleggiatori e gestori o tra on line e terrestre, il fatto è che se non risolvi il problema di come giustificare gli investimenti, il resto è aria fritta. Questo è il pragmatismo dell’imprenditore. Che passa anche attraverso la trasparenza.
Pensa che si sia è concluso il ciclo della guerra santa contro il gioco? In fin dei conti, tutti i fenomeni mediatici, in politica come in comunicazione, vengono cavalcati e dopo un po’ di tempo perdono la capacità di coinvolgere l’opinione pubblica.
Sicuramente c’è un effetto moda, un effetto ideologia e una strumentalizzazione: perché dovrebbe sfuggire questo settore rispetto agli altri?
Il punto è che bisogna distinguere le posizioni di pancia rispetto a quelle di testa. E sono queste che mi interessano.
Alcuni settori si stanno accorgendo che molte decisioni prese non producono l’effetto desiderato. Come peraltro dicevamo da tempo. Stanno vedendo che distanziometri e limiti orari non producono gli effetti che loro perseguivano. Mi sembra evidente.
Ora, se dovessimo metterci a scrivere una riforma insieme agli enti locali, il tempo apparentemente perso dalla Conferenza unificata a oggi non sarebbe perso ma sarebbe servito a far decantare gli eccessi comportamentali e legislativi locali che non hanno prodotto l’effetto voluto. Quindi, evidentemente sono inefficaci.
L’unico effetto che possono avere è che lasciano lo spazio all’illegalità. Diminuisce il presidio del gioco legale mentre domanda e volume di gioco crescono: dove va a finire il giocatore se non c’è offerta legale?
Certo, ci sono politici e anche psicologi e medici che hanno fatto carriera su questi temi e su queste posizioni. Io dico che anche un solo caso in tutt’Italia va affrontato con responsabilità. Ma non si può davvero credere che gli operatori siano favorevoli al disagio creato nel proprio mercato di riferimento. Non ho mai visto imprenditori che uccidono il proprio mercato!
A parte l’aspetto etico, il consumatore va salvaguardato per interesse personale.
Noi abbiamo la fortuna di vivere in un sistema concessorio. Se può servire stringere ulteriormente le maglie, si faccia questo.
Però l’onorevole Ruocco ha voluto specificare che “mettere più regole non vuol dire dare spazio all’illegalità”. Ma a chi stava replicando? Chi aveva detto che non si devono mettere troppe regole se no si dà spazio all’illegale?
Ma perché come tutti quelli che conoscono poco il settore il tema lo affrontano a livello quantitativo mentre qui è un problema qualitativo.
Il problema non è la quantità delle norme ma la loro qualità.
Ecco perché bisogna fare una riforma. Non mancano le norme ma vanno riformate.
Quello che è sicuramente sbagliato è vietare.
In questo momento, il divieto reale è il divieto di pubblicità. E i vari settori della categoria sono divisi: chi non è interessato alla pubblicità ha quasi salutato con grande favore questo provvedimento. Altri si sono detti a rischio di sopravvivenza. Soprattutto quelli del gioco on line.
A parte il fatto che ci sono anche molti concessionari terrestri che stanno affrontando il gioco on line, il punto è che in un sistema democratico comunque bisogna riflettere su un divieto prima di renderlo totale. E per fortuna l’Agcom si è mossa con attenzione e ha lasciato fuori la stampa specializzata, la pubblicità informativa. Altrimenti come faccio io a dire al giocatore che il mio è un gioco autorizzato? È anche l’unico sistema attraverso il quale il giocatore capisce le caratteristiche del gioco: sarebbe come eliminare il bugiardino dai farmaci!
È una cosa talmente evidente che mi meraviglio che uno lo debba spiegare!
Quindi, anche in questo caso è un problema di qualità di legge non di quantità: un provvedimento del genere lo prende chi non vuole occuparsi del problema, non regolamentarlo. Da una parte lo autorizza e dall’altro lo vieta. Ho qualche perplessità anche dal punto di vista costituzionale. La libertà d’impresa dove va a finire?
Parlando con i bookmaker, viene fuori che questo divieto potrebbe favorire gli operatori .com. Lei percepisce questo problema, ovvero che i siti di gioco stranieri, potranno conquistare i giocatori italiani con grande libertà di pubblicizzarsi proprio perché non hanno una concessione italiana?
Quando ce ne accorgeremo, sarà tardi per intervenire e regolamentare.
Oggi il regolatore ha un osservatorio privilegiato e tanti operatori che vivono nel legale hanno avuto l’interesse ad avere un mercato legale.
Dovrebbero fare un fronte comune contro l’illegalità.
Invece si mette la polvere sotto il tappeto. Si fa un proclama di divieto e poi? Come te ne accorgi? Come lo controlli un mercato illegale?
Noi abbiamo fatto per 15 anni un percorso fantastico di emersione e di legalizzazione, che ci ha messo a riferimento da parte di tutto il mondo.
All’ultimo Ice di Londra (la più importante manifestazione di settore ndr.) c’erano i regolatori inglese, spagnolo, francese che dicevano: “ma cosa state combinando? Eravate il nostro faro e state distruggendo una legislazione che abbiamo preso a modello?”.
All’inizio degli anni 2000 il gioco illegale proliferava. E oggi la tecnologia fa da acceleratore pazzesco.
D’altra parte il giocatore va dove vince di più. Chiaro che quelli hanno un pay out altissimo, non pagano le tasse, non hanno il personale in regola…. Ma quando li becchi? Cosa può fare la Polizia postale?!
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