​Online nuova frontiera del rischio, motori di ricerca coresponsabili del problema

Fabio Voller, Coordinatore dell’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale della sanità

C’è un vaccino contro il gioco patologico?
Ovviamente no, non c’è un vaccino. Possiamo solo sviluppare interventi di prevenzione da una parte e di contrasto dall’altra, investendo su quelle esperienze che in altri campi si sono dimostrate efficaci. Perché il problema è riuscire a selezionare elementi valutati efficacemente, evitando interventi un po’ casuali.

Oggi si parla non solo di contrasto ma anche di prevenzione. Come attuarla nei confronti dei giovani?
Nel caso delle sostanze stupefacenti si è capito ad esempio che sui giovani bisogna fare interventi non cattedratici, che bisogna lavorare non tanto sul dire che quel comportamento specifico non va bene, ma direttamente sulle capacità di riconoscere la realtà e quindi capire quali sono gli elementi di rischio. E abbiamo capito come sia importante formare quei ragazzi capaci poi di creare un’informazione alla pari coinvolgendo i suoi amici, la cosiddetta peer education (formazione tra pari ndr.).

È ovviamente necessaria una maggior capacità di controllo da parte del singolo. Ma effettivamente cosa si può fare, cosa si può controllare?
Questo è il problema del gioco online. Oggi si può controllare ben poco perché anche la questione dell’età minima è abbastanza aggirabile. E finché non si introdurrà la carta del giocatore non potremo fare molte. Soprattutto per il gioco fisico, mentre per quello online qualcosa possiamo già farlo.

Ma è anche vero che tutta la prevenzione può funzionare con il gioco legale. Se però il giocatore si collega a operatori online non legali o non italiani, allora il problema diventa insormontabile?
Esattamente. Questo poi pone in gioco una grossa responsabilità da parte dei motori di ricerca verso i quali si dovrebbe adottare una strategia mondiale, azione che non può affrontare l’Italia.

Per la pubblicità, lei ha chiesto regole più ferree. Ma dopo averla vietata del tutto che altro si può fare?
È chiaro che non si può fare altro da quel punto di vista, ma vediamo ogni giorno la possibilità, per esempio, di potere scommettere durante un evento sportivo. Mentre vedo una partita mi arriva il messaggio che mi ricorda di potere giocare anche online e addirittura mi viene offerto un bonus specifico in tempo reale. Ecco in questo senso fermare la pubblicità è una cosa molto buona.

Ma è stata fermata tutta la pubblicità e naturalmente il divieto si applica solo a quella legale perché quella illegale ovviamente non rispetta alcuna prescrizione. Non sarebbe forse stato meglio regolamentarla come è stato fatto con l’alcool?
La questione è proprio questa. Una regolamentazione funziona quando si ha sotto controllo il mercato illegale, ma in una situazione come quella italiana la cosa è molto complicata perché i mercati illegali sono alla luce del sole come nessun’altra realtà in Europa. Ora si tratta di dare anche un messaggio alla collettività, ma certo tutto non può essere ricondotto solo alla diminuzione del gioco. Esiste anche un importante effetto educativo.

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