Slot piemontesi: in Regione vogliono cambiare.

La dura reazione delle Regioni all’inerzia del Governo, ma anche l’ammissione che si sono innescati una serie di effetti indesiderati su cui il Piemonte – la prima Regione che ha effettivamente messo al bando le slot – non sta vigilando. La consapevolezza che un settore legale non può essere chiuso di punto in bianco, e il dubbio – o forse la convinzione che l’accordo siglato appena sei mesi fa in Conferenza Unificata non serva a nulla. E questo, nonostante in Piemonte le argomentazioni degli operatori abbiano aperto una breccia (vedi l’intervista a Giorgio Pastorino, presidente del sindacato STS). Agimeg ne ha discusso – in un’intervista esclusiva – con Nadia Conticelli, consigliera del PD che della legge regionale è stata relatrice.

Qual è lo stato di attuazione della legge? Quante slot sono state rimosse fino a oggi?

La legge è entrata in vigore nella sua fase attuativa il 30 novembre, ma la situazione è a macchia di leopardo. Secondo le associazioni di categoria, il 90% delle slot è fuori legge. Sono ricerche molto serie, ma chiaramente la Regione dovrebbe effettuare un monitoraggio proprio.

Come mai non lo ha fatto?

Perché la legge regionale non lo prevede. Tuttavia, siccome si va a aggredire un sistema economico che va dalla produzione delle macchinette all’esercente, un monitoraggio andrebbe fatto. Altrimenti mettiamo la salute contro il lavoro, ma sono entrambi due beni da tutelare

Ormai la legge c’è, il percorso è avviato. Anche effettuando adesso il monitoraggio, non sarebbe tardi?

Alcuni miei colleghi sostengono che ormai non servirebbe più a nulla tornare indietro. Ma se ci si accorge che c’è un problema, allora è necessario affrontarlo.

La legge è stata approvata all’unanimità o quasi, eppure si ha l’impressione che non tutti fossero d’accordo, anche se poi non si sono fatti avanti…

La legge nasce da un vuoto della normativa nazionale, se ci fosse la volontà seria a livello nazionale di agire sul GAP, nessuna Regione si sarebbe messa in questo ginepraio

Il Governatore Chiamparino però aveva chiesto di far slittare il termine di entrata in vigore. Com’è andata?

Ci sono state proposte diverse. A mio avviso, la riduzione doveva essere effettuata a scaglioni, prima il 30%, poi il 40, poi il 50… Ma anche per questo era necessario effettuare il monitoraggio di cui parlavo, in modo da intervenire ogni volta che si riscontrava un effetto indesiderato. Poi però non si è trovato in conferenza dei capigruppo un accordo per effettuare una proroga ragionata. Ci sono state posizioni piuttosto rigide sia a destra che a sinistra.

Secondo le associazioni di categoria, la legge ha avuto due effetti: quello di spingere chi voleva giocare a spostarsi nelle regioni confinanti, e quello di favorire il gioco illegale

Sulla questione del pendolarismo, per il gioco – come tante questioni scottanti su cui le Regioni intervengono per colmare un vuoto – serve una legge nazionale. L’illegale invece va perseguito, non si può dire che una legge crea l’illegale. Le macchinette irregolari sono un sintomo del fatto che alcuni si sono improvvisati esercenti e commercianti – non mi sto riferendo ai tabaccai – e campano grazie alle macchinette. Tolte quelle legali, hanno bisogno di quelle illegali.

Il problema quindi sono questi esercizi?

Ci sono delle zone – come la Barriera di Milano o Borgo Vittoria – dove ogni bar è in realtà una sala giochi camuffata. Ma se un bar riesce a stare in piedi solo se ha 7 o 8 macchinette dentro, abbiamo un problema di gestione commerciale, non di gestione del gioco. Allora, bisogna trovare un meccanismo di incentivi per quelle aziende che vogliono riconvertire la propria attività. Probabilmente non si risolve tutto il problema, ma se ne risolve una parte.

E per le aziende che producono le slot?

Si dovrebbero prevedere degli incentivi per quelle che intendono riconvertire la propria attività. Tanto per fare un esempio, per produrre cambiamonete o parchimetri, visto che i parcheggi con le strisce blu stanno aumentando. Ma per tutto questo serve una legge di Bilancio, non basta un semplice accordo in Conferenza Stato Regioni.

Adesso come intendete procedere?

Il presidente Chiamparino ha assunto l’impegno per riportare la questione dei giochi in conferenza unificata come urgente

Con quale obiettivo? Un accordo c’è già…

Ma fa salve le leggi regionali più restrittive. In ogni caso, il sottosegretario Baretta si era impegnato a tradurre l’accordo in una legge nazionale, e questo non è stato fatto. E’ rimasto un semplice accordo, e non è superiore a una legge regionale. Il Consiglio Regionale, se avesse voluto, avrebbe potuto modificare la legge regionale. E’ sovrano sotto questo aspetto. Ma, nessun gruppo si è fatto avanti, e quando il presidente Chiamparino ha sollevato la questione, è strato impallinato. La conferenza dei capigruppo ha risposto che non voleva toccare la legge.

In sostanza quindi l’accordo che avete firmato a settembre è carta straccia?

Per quello bisogna tornare in Conferenza Unificata. Anche perché, dal punto di vista degli operatori, il tempo passa. Anzi, ne è già passato parecchio.

Una norma però c’è, quella inserita nella legge di bilancio…

E’ un pasticcio. Si riducono le slot, e allo stesso tempo si indicono nuove gare. Non può essere un appiglio serio per le Regioni.

Ma sono gare che rimettono in palio concessioni scadute, non si tratta di nuovi diritti

Se il Governo avesse voluto ridurre l’offerta di gioco, non avrebbe dovuto riassegnarle. Era un’ottima occasione. L’obiettivo dovrebbe essere quello di tagliare tutta la rete, partendo dalle slot nei bar, e poi – magari con dei tempi più lunghi – arrivando agli esercizi specializzati.

L’impegno di tagliare le slot il Goveno lo ha mantenuto, da fine aprile verrà effettuato il secondo taglio, e ce ne saranno il 35% in meno…

E come sono state selezionate? Bisogna considerare anche l’aspetto della pericolosità sociale: l’impatto della slot dipende anche dal quartiere in cui viene istallata

Al Governo dovrebbero andare quelle forze che finora si sono mostrate più chiuse nei confronti del gioco. Se si torna in Conferenza Unificata, non c’è il rischio che ne esca un accordo più restrittivo, meno ponderato?

Questo vale per il Movimento5Stelle. Le forze di Centro-Destra a livello nazionale hanno mostrato un orientamento diversi da quello che hanno espresso a livello locale. Il PD ha visioni diverse all’interno del partito, ma con il denominatore unico di unire la tutela del settore a quella del giocatore.

Comunque, secondo lei, il problema è a livello nazionale?

Lo Stato finora ha incamerato gli introiti del gioco, ma ha scaricato i costi sociali sugli enti locali. Altrimenti questa frattura istituzionale non si sarebbe creata. Adesso serve un piano nazionale serio per la riduzione del gioco, che introduca incentivi per gli esercizi e per le aziende del settore. Questo è comunque un settore che lavora, che svolge un’attività prevista dalla legge. Non possiamo dire da un momento all’altro “adesso ti arrangi”.

Se invece dovesse riscrivere la legge regionale, che obiettivo perseguirebbe? Quale soglia fisserebbe per la presenza del gioco?

La soglia è difficile da definire. L’obiettivo è quello di ridurre il gioco, in modo da ridurne il volume d’affari (e renderlo meno appetibile per la criminalità organizzata) e il possibile impatto negativo sulle fasce sociali molto fragili. E serve una localizzazione che non può essere lasciata alla libera imprenditoria. Banalmente basterebbe fare come con le licenze dei tabaccai. gr/AGIMEG

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