Il gioco in pillole. Per prevenire e per curare.

Avere i titoli giusti, non serve solo a guadagnare in Borsa.

Un titolo giusto in ogni capitolo, nella raccolta “Il senso del gioco”, di Riccardo

Zerbetto, fa venire voglia di leggerlo.

 

Così, sfogliando a casaccio il libro si trovano cose come “Anche gli dei vanno in vacanza”, “Sex & gap”, “Anche gli animali giocano d’azzardo?”.

Cose molto diverse, quindi, da quanto ci si aspetta da un testo scientifico sulla patologia del gioco, ma piuttosto un modo per leggere in chiave ironica e, soprattutto, comprensibile gli aspetti patologici e le possibili soluzioni proposte da uno specialista.

L’autore è uno psichiatra che ha delle esperienze concrete di assistenza a giocatori patologici e ha sperimentato, con la Regione Toscana, una forma di “trattamento residenziale breve”: in pratica, una comunità terapeutica che prevede un soggiorno di 21 giorni.

Il titolo completo del volume, pubblicato a gennaio 2018, è: Il senso del gioco – Tra competizione, vertigine, caso e responsabilità: la sfida del giocatore e quella delle istituzioni. E raccoglie alcuni interventi (oltre 70) che Zerbetto ha scritto per la rivista GiocoNews nel corso di quasi 10 anni. Interventi che si dimostrano, con il passare del tempo, ancora attuali.

A chi è rivolto un libro del genere?

Sicuramente, tutti coloro che con il gioco hanno a che vedere, e non necessariamente per drammi personali o per motivi professionali. Chi, per esempio, ha delle responsabilità educative, genitori e insegnanti, o chi gestisce un’attività commerciale che ospita anche gioco d’azzardo, quindi un barista o un tabaccaio. E perfino chi gioca, anche in modo sano e tranquillo, perché vuole saperne di più su quello che viene visto da molte persone come un pericolo per la salute mentale e… finanziaria. A differenza di un testo accademico, questo può essere letto senza dovere necessariamente partire dall’inizio e seguire l’ordine d’impaginazione. Seguendo la propria curiosità. Si può partire da “Macchinette come antidepressivo” (a pagina 50), se sospettiamo che qualcuno dei nostri conoscenti utilizzi la slot machine al posto del Prozac, o lasciarsi catturare da una parola misteriosa come “Alessitimia” (a pagina 105) per scoprire che è l’incapacità di alcune persone di esprimere a parole emozioni e sentimenti. E che anche questo deficit può portare al gioco compulsivo. Se abbiamo voglia di esplorare qualche territorio oscuro, possiamo saltare a pagina 160 e leggere “L’incubo di un giocatore”, il racconto autentico dell’incubo fatto da un giocatore patologico; il quale, proprio attraverso questo racconto, sembra superare il legame che da anni lo teneva schiavo dell’azzardo.

Per quanto brevi e slegati tra loro, i vari capitoli forniscono a chi si lascia prendere dalla curiosità, un quadro complessivo di quello che il gioco d’azzardo può essere per ciascuno di noi. Un’attività che fa parte della natura umana (e perfino animale, come viene spiegato in più di un capitolo) con la quale bisogna fare i conti. E che non ha una valenza negativa di per sé. Ma come tutte le attività e le caratteristiche umane presenta un dritto e un rovescio della medaglia.

L’uomo si è evoluto proprio perché ha fatto dei tentativi, ha azzardato.

L’individuo, deve solo imparare a sfruttare questa sua caratteristica per i propri interessi senza diventarne schiavo.

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