E lo sport risolve anche lo ius soli

Nelle pagine sportive dei quotidiani si trovano sempre più spesso notizie di cronaca giudiziaria. Dalle scommesse truccate alle scorrettezze compiute in campo da un atleta fino ai bilanci societari falsificati, sono davvero numerosi i reati e gli illeciti che si compiono in questo mondo e che rientrano nella categoria del diritto sportivo. Oltre 200 avvocati si sono riuniti a Messina per tre giorni, dal 20 al 22 dicembre scorso, per parlare di come atleti e dirigenti sportivi possano finire davanti a tribunali sportivi o a tribunali ordinari.

Il convegno, dal titolo Diritto e giustizia nello sport, organizzato da Antonio Cappuccio, faceva parte del programma di formazione professionale obbligatoria per gli avvocati.

A Giovanni Villari, responsabile della formazione dell’Ordine degli Avvocati di Messina, ho chiesto quali sono le novità più rilevanti che ne sono scaturite.

Per quale ragione nelle aule giudiziarie si devono giudicare sempre più spesso vicende legate allo sport? Si fa più sport o, forse, lo sport è meno pulito di una volta?

C’è anche un altro aspetto da considerare: si sono moltiplicate le occasioni di comunicazione e questo consente, per esempio grazie ai social, di conoscere molto di più gli episodi che, in campo o fuori, devono essere giudicati da un giudice, che si tratti di giudici sportivi o di giudici ordinari.

 

Insomma, è solo che se ne parla di più?
Sì. Ma c’è anche una maggiore consapevolezza che determinati comportamenti vadano  risolti attraverso un percorso legale e non vadano ignorati o, peggio, risolti commettendo ulteriori illeciti.

In ogni caso, oggi esiste una vera e propria specializzazione in diritto sportivo per gli avvocati. Una cosa che non sanno tutti. Perfino tra gli stessi avvocati.
Questa è la ragione per la quale abbiamo organizzato questo convegno, grazie alla collaborazione di Antonio Cappuccio, un collega avvocato ma anche docente di diritto sportivo all’Università di Messina, che ha visto la partecipazione di giuristi veramente esperti di questa materia. Sappiamo che questa può rappresentare un’opportunità professionale soprattutto per i giovani colleghi. Ma bisogna che venga definito l’assetto delle specializzazioni: una legge del 2012 ha istituito la figura dell’avvocato specialista. Ma è necessario che un regolamento stabilisca quale percorso dà diritto a questo titolo ma sono state già impugnate tre bozze di regolamento. Speriamo che presto venga approvata una versione definitiva in modo da poterci organizzare di conseguenza ma, nel frattempo, abbiamo realizzato dei percorsi formativi che tutti hanno considerato di ottimo livello su tematiche di estrema attualità come lo sport, appunto, e l’immigrazione.

Cos’hanno in comune sport e immigrazione?
Noi vogliamo recuperare la funzione sociale dell’avvocato perché crediamo che debba aprirsi alla società civile, al mondo della cultura.

A Fasano (Brindisi), due anni fa è nato il progetto “Minori non accompagnati e integrazione attraverso la pratica della pallamano”

Lo sport è un diritto garantito costituzionalmente e fare sport migliora la vita e aiuta a superare le discriminazioni. Anche nei confronti dello straniero. È per questo che alcuni interventi del convegno sono stati dedicati allo ius soli sportivo. Perché attraverso lo sport siamo riusciti ad avere un lavoro culturale e scientifico, a creare dei presupposti sullo ius soli che in ambito di diritto ordinario non si sono realizzati. Oggi il dibattito sul riconoscere o meno lo ius soli in Italia è ancora in atto. Con lo sport, invece, si è riusciti a centrare l’obiettivo. Perché l’ordinamento sportivo prevede la possibilità per i giovani atleti minorenni stranieri di vedersi riconosciuti i medesimi diritti che sono riconosciuti ai minori residenti, quindi per gli italiani e per gli europei. Anche gli extracomunitari, i migranti, anche coloro che vengono con il barcone, attraverso questa norma sullo ius soli è possibile immaginare un tesseramento che dà diritto a forme di tutela e di crescita sportiva identiche a prescindere dalla nazionalità e dalla provenienza. Lo sport, poi, aiuta a superare altre forme di discriminazione, come il bullismo o quelle legate alle invalidità fisiche. Perché le difficoltà individuali si superano facendo squadra. All’interno della squadra, le

diversità si trasformano in vantaggi. Un ragazzo alto più della media, per esempio, all’interno di una squadra di calcio potrà rivelarsi prezioso per giocare in porta.

La giustizia sportiva è un vero e proprio ordinamento parallelo a quello dei tribunali civile e penale. Ma ha la stessa legittimità? Le condanne inflitte dai tribunali sportivi valgono esattamente come quelle di un qualsiasi tribunale tradizionale?

La sede del Tribunale arbitrario internazionale dello sport a Losanna, in Svizzera

 

 

Certamente. Tenendo conto, naturalmente, che si tratta di un ordinamento subordinato alla fonte ordinaria, che è quella del diritto statale ordinario. Inoltre, tutti gli iscritti a una federazione, dilettanti e professionisti, firmano una clausola compromissoria in base alla quale, fatti salvi i diritti indisponibili, non gli è consentito rivolgersi alla giustizia ordinaria perché, possiamo dire, i panni sporchi bisogna lavarli in casa.

Ma capita che un reato debba essere giudicato da entrambi gli ordinamenti?
Certo. È il caso del match fixing, che da un lato comporta un comportamento non corretto e ha una rilevanza disciplinare, ma d’altro canto coinvolge anche l’aspetto penalistico perché l’illecito sportivo ha una caratteristica molto simile negli elementi costitutivi al reato di frode in manifestazioni sportive. E, quindi, parallelamente al procedimento disciplinare si dovrà condurre un procedimento penale. Quindi, un avvocato che pensa di specializzarsi in Diritto sportivo dovrà conoscere anche il diritto penale.

 

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