Tra “salute” e “lavoro”, vince la prevenzione (forse)

di:
Francesco Buja
Giampiero Moncada
Debora Notarnicola

La scadenza del 20 dicembre per l’entrata in vigore effettiva in Puglia della legge regionale sul gioco d’azzardo è stata prorogata di sei mesi. Un periodo nel quale si dovrebbe riflettere un po’ meglio sui possibili effetti di questa legge e verificare se, nel frattempo, il Governo nazionale non riesca a varare un riordino complessivo del settore.

La decisione è stata sofferta perché il cosiddetto distanziometro, al centro del dibattito, che per i sostenitori della legge è la soluzione al problema della dipendenza da gioco, è considerato da altri inefficace o addirittura dannoso. Insomma, il dibattito è diventato battaglia. E coinvolge non più solo i politici e le aziende del settore ma soprattutto i sindacati.

A prima vista, sembra che si tratti di scegliere tra la salute dei cittadini e i posti di lavoro. Qualcosa di simile a dilemma che si è posto a Taranto sull’Ilva: inquinamento mortale o posti di lavoro?

Ma i sindacati, il cui obiettivo è naturalmente la difesa del lavoro, inseriscono un altro elemento: i provvedimenti della legge regionale non avrebbero alcun effetto positivo sulla tutela della salute. Cioè, non ridurrebbero i rischi di dipendenza dal gioco.

La legge regionale, molto simile a quella del Piemonte, porterebbe alla chiusura di sale

Debora Notarnicola intervista Alessandro Di Nunno, della Fit, durante la protesta dei lavoratori del Gioco legale davanti alla sede del Consiglio regionale della Puglia il 30 ottobre scorso.Il servizio sulla web tv Cosmo Polis Media

giochi e sale scommesse (si parla dell’80%), nonché alla rimozione delle slot machine da bar e tabaccherie, perché troppo vicine ai cosiddetti “luoghi sensibili”. Ovvero, scuole, chiese e altri luoghi di aggregazione. L’obiettivo sarebbe di evitare la tentazione nei confronti dei minori e dei cittadini considerati più fragili, tra i quali anche gli anziani.

Questo strumento che è stato battezzato distanziometro, ovvero l’obbligo di una distanza minima da determinati luoghi, è tutto italiano. Come ha confermato uno studioso svedese che abbiamo intervistato di recente, Per Binde, non se ne ha notizia da nessun’altra parte del mondo.

Francesco Abate, medico responsabile del Sert di San Cesario, alle porte di Lecce, conferma la difficoltà a prendere una posizione scientificamente fondata: “Non ci sono studi che possano darci una risposta sull’efficacia del distanziometro. E sappiamo che le due alternative presentano ciascuna pro e contro: avere il gioco diffuso anche sotto casa costituisce una maggiore tentazione, ma, d’altra parte, relegarlo in periferia spinge a giocare on line e di solito si preferiscono siti illegali. Di sicuro, l’arma più efficace contro tutte le dipendenze è la prevenzione. E noi, come Asl, abbiamo costituito un piccolo gruppo per pianificare questi interventi di prevenzione con varie modalità, non solo nelle scuole”.

Cinzia Ariano (a sinistra) direttore del Dipartimento dipendenze patologiche Asl di Taranto, e la psicologa Margherita Taddeo, che coordina l’equipe dedicata.

Sui rischi del gioco on line concorda anche Cinzia Ariano, direttore del dipartimento dipendenze della Asl di Taranto: “Il dato sui giocatori patologici che preferiscono andare a giocare lontano dai posti in cui abitano o lavorano non mi pare che dimostri la inefficacia del distanziometro. Dice solo che non serve per chi ha già sviluppato una dipendenza da gioco. Ma questo strumento è stato pensato per evitare di offrire tentazioni di gioco a chi non è ancora un giocatore. Quindi, alle fasce più fragili, in primo luogo i giovani e gli anziani. Perché non tutti i giocatori sociali diventano patologici, certo; ma se cresce il numero di giocatori sociali è evidente che cresce il numero di persone a rischio di diventare giocatori patologici”.

“Dobbiamo anche considerare, comunque, che provare a eliminare il gioco si rivela inutile” aggiunge “dato che si può sempre giocare dal proprio smartphone o dal pc. E tutte le esperienze dimostrano l’inefficacia e perfino i rischi del proibizionismo,che non ha mai risolto i problemi e ha favorito, spesso, le occasioni di illegalità”.

Ed ecco che i sindacati pongono un problema più inquietante: se invece di ridurre il problema, il distanziometro dovesse aggravarlo?

Questa ipotesi sembra trovare sostenitori su più fronti. A cominciare dall’Istituto superiore di Sanità, che ha appena presentato i risultati della prima indagine sul comportamento degli italiani riguardo il gioco d’azzardo. Nella quale non si cita esplicitamente il distanziometro, ma si legge che “il giocatore problematico predilige i luoghi lontani da casa e dal lavoro” mentre “i giocatori sociali (quelli che non hanno problemi di dipendenza ndr) scelgono più spesso i luoghi vicino casa o vicino al posto di lavoro”.

Naturalmente, l’indagine non arriva a dire quale sia la causa e quale l’effetto. Cioè, se il giocatore è già patologico quando sceglie di andare a giocare lontano dal proprio quartiere o se, invece, diventa patologico perché ha scelto di andare a giocare dove non rischia di incontrare persone che lo conoscono. In ogni caso, sembra che (stando a questi dati) l’offerta di gioco sotto casa abbia una scarsa relazione con il gioco patologico.

Pochi giorni dopo, l’Eurispes è stato più esplicito: presentando uno studio realizzato dal proprio Osservatorio permanente su giochi, legalità e patologie sul fenomeno del gioco in Puglia, ha confermato che allontanare il gioco dai luoghi più frequentati rischia di incoraggiare il comportamento compulsivo: “Il giocatore problematico ricerca luoghi lontani che garantiscono privacy e che, in qualche misura, occultano la loro condizione di giocatori. Questi dati ci consentono di affermare che il distanziometro non mitiga la pulsione al gioco dei giocatori problematici e patologici, mentre può avere un effetto di dissuasione per quelli sociali”.

Antonio De Donno, Procuratore della Repubblica di Brindisi

La salute del giocatore, però, non è nemmeno l’unico problema che il distanziometro potrebbe provocare. Secondo il Procuratore della Repubblica di Brindisi, Antonio De Donno, ridurre drasticamente l’offerta di gioco legale rischia di alimentare l’illegalità: “Proibizionismo e para-proibizionismo altro non sono che l’anticamera del gioco illegale, gestito dai settori malavitosi. Chi ha una diretta percezione di cosa è avvenuto e avviene nei territori, deve con nettezza rilanciare questo allarme che, certo, non annulla quello relativo ai rischi di azzardopatia, ma non può rimanere inascoltato”.

Mario Conca, consigliere regionale della Puglia per il Movimento 5 Stelle

Sul fronte opposto, tenacemente convinti che la legge regionale andasse applicata al più presto, molti politici ma soprattutto il Movimento 5 stelle. Ma anche tra i consiglieri di questa parte politica c’è stato chi ha fatto dei distinguo. Come Mario Conca il quale ha dichiarato in diverse interviste: “È chiaro che il distanziometro non è un deterrente al gioco patologico. Il proibizionismo ha sempre sortito l’effetto contrario e non ritengo che mantenendo distanze dai punti sensibili oggi si possa arrivare a limitare la patologia: attraverso smartphone, Internet e siti esteri si avvantaggia la criminalità e si avvantaggiano quei soggetti che hanno sedi in paradisi fiscali. Per questo il gioco deve essere legale, controllato dallo Stato ma con misure che possano sortire l’effetto desiderato”.

A questo punto, diventa legittima la preoccupazione per la chiusura dell’80% delle attività di gioco legale presenti in Puglia, e la conseguente perdita del posto di lavoro per 10/20mila persone (ci sono diverse stime, ma parlano tutte di diverse migliaia di persone): perché rinunciare al lavoro se non serve a tutelare la salute?

A Lecce, i sindacati hanno lanciato un allarme per la sala Bingo che dà lavoro a 76 persone.
“Abbiamo chiesto di modificare la legge regionale di Bilancio” spiega Emanuele Sozzo, rappresentante sindacale Filmcams Cgil “perché il rischio di chiusura riguarda anche sale più piccole sparse nella provincia di Lecce che suscitano meno clamore. E il problema non riguarda solo le chiusure imminenti ma anche quello che potrà accadere dopo avere eventualmente spostato le sale da gioco: se si apre una sala lontano dai luoghi sensibili ma dopo qualche anno là vicino sorgono una chiesa o una scuola di calcio, che si fa? Quella sala rischierà la chiusura?”

Il direttore delle relazioni istituzionali di Codere Italia, Imma Romano, ha manifestato disponibilità nel cercare insieme alle istituzioni, misure cautelative e che tuetlino i minori. Stessa linea da parte dell’assessore alle Attività produttive e allo sviluppo economico del Comune di Lecce, Paolo Foresio, il quale assicura: “Massima disponibilità nel trovare soluzioni, magari anche un’altra sede per il Bingo, attività di un’azienda seria, grossa, che in città garantisce tanti posti di lavoro”.

Alla fine di queste pressioni, è arrivata una proroga di sei mesi. A cosa potrà servire?

Due le ipotesi: se il Governo dovesse finalmente mettere mano al progetto di riordino del settore, riprendendo magari l’accordo che era stato raggiunto dal Governo in Conferenza Unificata, ovvero con Regioni e Comuni, la legge regionale potrà omologarsi alle nuove regole che saranno decise per tutt’Italia.

In caso contrario, si proseguirà il dibattito sperando che, questa volta, si arrivi a decidere se confermare o modificare la legge regionale in modo più condiviso. Cioè, ascoltando il parere di tutti e basandosi il più possibile su dati scientifici e meno sulle suggestioni.

Si sta già lavorando in questa direzione. Per esempio, a Torino una Asl ha avviato una ricerca con il Cnr di Pisa, che già effettua regolarmente indagini biennali sulle dipendenze tra i giovani, per verificare quanto sia stato efficace finora il distanziometro nei comuni che lo stanno già utilizzando da tempo.

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