Uno spray per combattere le dipendenze da gioco sperimentato in Finlandia

31/01/2018 17:24

Nonostante abbia tutte le apparenze di una fake news, la notizia di uno spray nasale che potrebbe curare dalla ludopatia è stata confermata da Hanno Alho, docente di medicina delle dipendenze all’università di Helsinki, in Finlandia.

Gli studiosi che lo stanno studiando hanno utilizzato un campione abbastanza limitato per potere dare delle risposte definitive: appena 39 soggetti. Ma sono intenzionati a proseguire e stanno cercando 130 persone disposte a testare questo metodo. Come in tutte le sperimentazioni di nuovi metodi terapeutici, la metà di questi utilizzerà il farmaco sperimentale e l’altra metà (senza saperlo) utilizzerà il cosiddetto placebo, ovvero una sostanza innocua e senza alcun effetto, per assicurarsi che il paziente non guarisca sotto la spinta della sola suggestione.

A spingere i ricercatori a cercare soluzioni a questo problema è il dato che il 2,7% dei finlandesi tra i 15 e i 74 anni ha avuto problemi con il gioco d’azzardo. Una cifra in linea con tutte le statistiche mondiali, secondo le quali la dipendenza da gioco riguarda percentuali che vanno in media dall’1 al 4%, comprendendo le persone che non hanno sviluppato alcuna patologia ma sono considerate a rischio. Nel Regno Unito, per esempio, in queste due categorie (a rischio e patologici) sono stati calcolati circa 2 milioni di cittadini, su una popolazione complessiva di circa 64 milioni. In Italia si stima che siano meno di un milione le persone a rischio, su una popolazione di 60 milioni di abitanti.

Lo spray sperimentato dai ricercatori di Helsinki è a base di naloxone, che già viene utilizzato come puntura per i casi di overdose da oppiacei come morfina ed eroina. Questa è la prima volta che viene sperimentato in forma di spray nasale.  “Avevamo sperimentato anche una pillola” ha spiegato Alho “con qualche effetto positivo che, però, si manifestava dopo circa un’ora dall’assunzione. Il giocatore, invece, deve poter intervenire subito nel momento in cui deve controllare l’impulso di giocare. E lo spray nasale agisce in pochi minuti”.

“Sapevamo di questa sperimentazione già dal 2010, quando era stato sperimentato il naltrexone, un farmaco molto simile al naxolone, utilizzato adesso, ma che veniva assunto per bocca. Questo, invece, utilizzato con spray nasale, ha un effetto molto più rapido.

Nel caso del giocatore patologico, questo spray dovrebbe intervenire su recettori cerebrali responsabili del craving, cioè quando si ha un impulso incontrollabile (giocare d’azzardo in modo compulsivo) che in questo modo verrebbe annullato. Ma non è curativo: una crisi potrebbe tornare già due ore dopo averla bloccata con un paio di spruzzate e quindi sarebbe necessario assumere ulteriore spray”. Così Roberto Mollica, membro del direttivo nazionale della Società Italiana Tossicodipendenze, commentando per Agimeg la notizia giunta da Helsinki su uno spray nasale che potrebbe aiutare i giocatori patologici a controllare o curare la loro dipendenza. “Naturalmente, aspettiamo che venga effettuata una sperimentazione secondo i protocolli internazionali” aggiunge Mollica “ma spero che in questa ricerca si tenga conto, insieme al farmaco, anche dell’applicazione di altri interventi, come quelli psicoterapeutici. Una modalità che punta a rimuovere la dipendenza vera e propria, e non solo i suoi sintomi. In questo modo, si potrebbe misurare e confrontare la validità di entrambe le cose: il farmaco e la psicoterapia. Se l’utilizzo del farmaco spray nasale è realmente correlabile agli episodi di craving, la riduzione di frequenza del ricorso allo spray può essere intesa come un indice che la psicoterapia o altri trattamenti hanno una loro efficacia. Per fare un paragone: i soggetti asmatici utilizzano broncodilatatori per trattare la crisi acuta, ma anche altri trattamenti per curare la malattia: se in un soggetto asmatico si riduce l’uso di broncodilatatori vuol dire che le altre terapie sono efficaci”.

Se fosse dimostrata la sua efficacia sul craving, l’effetto del naloxone non sarebbe specifico sul giocatore patologico ma su qualunque dipendenza comportamentale. Viene da chiedersi, quindi, perché limitarsi al gioco. Potrebbe funzionare su altre dipendenze, come per esempio il fumo, l’alcool o perfino i disturbi alimentari?

“Credo che i norvegesi abbiano sviluppato una sensibilità nei confronti di questo argomento” risponde Mollica “ma se lo spray funziona sul craving del gioco possiamo aspettarci che funzioni anche sulle altre dipendenze. Per i protocolli internazionali che regolano la ricerca scientifica è necessario verificarlo con pazienti delle varie patologie e fare altre sperimentazioni che tengano comunque in considerazione la presenza di un gruppo di soggetti cui è somministrato placebo”.  gpm/AGIMEG

 

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